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Visualizzazione dei post da maggio, 2021

La Generazione che non c'è più

Qualche giorno fa mi sono riascoltato We are the world e Do they know it’s Christmas. Molti, che non sono ancora arrivati ai quarant’anni, non sanno di che cosa io stia parlando. “Usa for Africa”, insieme ai “Band Aid”, sono stati la più grande mobilitazione del mondo musicale a favore dei poveri. Sì, dei poveri del terzo mondo in particolare. Ha avuto il merito di sollevare un problema enorme e di unire, e coinvolgere, tutte le generazioni di quell’epoca e inchiodare al televisore, per un concerto irripetibile durato ore, miliardi di persone. Proprio miliardi di persone. Miliardi di persone che, insieme a tutta quella generazione di Artisti, aveva teso una mano, aveva speso una lacrima per tutta quella parte del mondo, la maggioranza dell’umanità che non aveva e non ha tutt’ora niente da mangiare, nessuna ragione per vivere. Un’umanità che non ha notti per sognare, che non ha un presente per poter costruire un futuro. Un’umanità che non ha un alito di vita. Decine di Art

La guerra tra poveri

Ho pensato che, per una volta, si poteva stare senza scrivere niente. In fondo, come diceva Oscar Wilde: “Amo molto parlare di niente. È l’unico argomento di cui so tutto”. In un paese, e in un momento, in cui tutti parlano di tutto senza sapere di niente, ho pensato che sarebbe stato meglio non scrivere niente. Il niente ci calza a pennello. Ostentiamo grandi parole, grandi gesti, ma alla fine non succede niente. In un momento di così tanta confusione totale, e tanta certezza generale, il niente assume un valore così universale da sovrastare il tutto. In questa vita che non ci appartiene e che ci è cambiata in un attimo, siamo ormai propensi a propagandare la nostra verità, a diffondere la nostra ragione che non vogliamo avere altre verità e non vogliamo sentire altra ragione. Siamo così sicuri delle nostre affermazioni che non sentiamo neppure gli altri parlare. Abbiamo una tale fiducia in quello che profetizziamo che qualunque altra illuminazione cade nel buio più assoluto. Insomma,

Pecunia non olet

Qualche giorno fa, ho letto della necessità di allineare ad una risposta comune tutti i media e social che brulicano il pianeta in modo che alla domanda: Che cos’è il Covid 19, venisse data un’esaustiva risposta che risultasse universale. Se vi prendete la briga di interrogare il vostro browser e chiedergli oggi 17 maggio 2021: “Google che cos’è il Covid 19?”, la risposta che avrete in tutte le lingue immaginabili e possibili in cui vorrete interrogarlo, sarà la seguente: “La malattia da coronavirus (COVID-19) colpisce in vari modi. La maggior parte delle persone presenta sintomi lievi o moderati e guarisce senza necessità di ricovero in ospedale”. Vabbè direte voi, Google non è mica il Ministero della Salute. Vero, allora chiediamo al sito del Ministero della Salute che cos’è il Covid-19. Qui invece, le risposte sono molteplici e vaghe. Se chiedete spiegazioni al motore di ricerca interno al sito governativo, verrete indirizzati ad una serie di menù che non danno una secca risposta su

The Edge

La spiaggia è sicuramente l’ultimo baluardo, la linea di confine, il “The Edge”, che divide il mondo irreale, quello in cui viviamo, e quello reale, quello che c’è sempre stato e sempre ci sarà. Nel mondo irreale viviamo una vita irreale. Ci sopravanziamo, ci insultiamo, ci dibattiamo dal mattino alla sera, chi alla ricerca di un lavoro che non trova, chi in un lavoro che è diventato la sua personale vita irreale, chi nell’aggirare furbescamente le leggi che oggi ci hanno recluso togliendoci parte delle nostre libertà, chi prevaricando la vita degli altri, etc etc. Insomma, nel mondo irreale viviamo tutti con uno scopo solo: fare quattro soldi per poter ingurgitare a casa, al bar o i più fortunati al ristorante, quattro carboidrati che ti permettano di avere le forze il giorno dopo, di ricominciare a lavorare, o cercare lavoro, prevaricare, insultare etc.  Lo so è uno spaccato drammatico della nostra società ma, in larga parte, è la verità. Ognuno di noi ha una macchina

Le rette parallele

Da qualche tempo, la gentile signorina che mi corregge virgole, verbi, sintassi e costruzione grammaticale dei miei scritti, mi avverte con insistenza di fare più attenzione a nominare, catalogare e apostrofare certi personaggi perché, dice lei, non si sa mai. Visto poi anche la mia propensione a farmi bannare dai soliti fascistelli imitatori di Gassman, mi consiglia quindi di evitare certi argomenti e certe persone. Ho pensato, questa volta, di seguire il suo consiglio e di non prendermela e menzionare nessuno. Ormai è assodato che viviamo divisi in due rette parallele. Due rette in cui, almeno mentalmente, la gente vive due realtà completamente differenti. Andiamo con ordine. La settimana scorsa ha definitivamente sancito la fine del 1° Maggio come Festa dei Lavoratori. La festa dei lavoratori, è bene ricordarlo, ha origini e radici antiche. Nasce, in breve, dalla conquista delle otto ore lavorative, con le lotte dei lavoratori dello stato dell’Illinois. Le vicende che si susseguiron