Perdono

“Perdono” lo cantava Caterina Caselli. Era il 1966 e la canzone fece un certo scalpore. “Casco d’oro” così era soprannominata la Caselli, era un personaggio molto sicuro di sé. Determinata, perentoria, abile. O almeno questo era il suo “personaggio”. Nel ritornello la canzone recitava:

“Perdono – Perdono – Perdono - Il male l’ho fatto più a me”

Insomma come dire che mi sono fatta male da sola, mentre ho fatto male anche a te e per questo ti chiedo perdono.

Il perdono è cosa antica che ci arriva dal cristianesimo. Nel Vangelo di Matteo (18-22), Pietro chiede a Gesù: Signore quante volte dovrò perdonare mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli risponde chiaramente: «Non ti dico fino a sette ma fino a settanta volte sette»

Quindi bisogna perdonare ma sino a un certo punto, in quanto matematicamente 70 volte 7, fa un numero altissimo di volte sicuramente, ma non un numero infinito. Forse anche Gesù a un certo punto, dopo una serie di innumerevoli torti, non avrebbe più potuto garantire il suo perdono. D’altronde anche lui contro i mercanti che profanarono il Tempio, perse la pazienza e non perdonò nessuno di loro.

Don Gianni Cioli docente di Teologia morale, da del perdono questa definizione: “Il lavoro del perdono è qualcosa di simile all’elaborazione di un lutto, perché un torto subito è, in fondo, qualcosa di analogo all’esperienza di una morte. Un’ingiustizia o un’offesa sono vissute di fatto come perdite, e in quanto tali sono, per così dire, presagi della perdita radicale che è la morte”.

Insomma il perdono è un’esperienza e un’elaborazione talmente personale, che non è possibile giudicare chi lo pratica e chi no. Badate bene che non parlo di vendetta, ma di perdono.

La vendetta, cito dalla Treccani è: “Danno materiale o morale, di varia gravità fino allo spargimento di sangue, che viene inflitto privatamente ad altri in soddisfazione di offesa ricevuta, di danno patito o per sfogare vecchi rancori”. Mentre il perdono, sempre citando la Treccani, è: “..l’azione di perdonare, cioè di non tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando all’idea di vendicarsi o di punire il colpevole”.

Mia mamma è cattolica. Ha fatto la guerra e, nella sua idea di cristianità non ha mai perdonato i Nazisti. Ancora oggi, che purtroppo ha perso gran parte della sua memoria, quando sente parlare tedesco ha i brividi. Mio padre partigiano nella seconda guerra, in quegli anni ha avuto alcune occasioni per perdonare. Non lo ha mai fatto. Ora possiamo dire che queste erano due situazioni estreme? Possiamo essere così sicuri da asserire che il loro è stato un atteggiamento sbagliato dettato da una situazione così critica da cambiare sentimenti e giudizi? Io personalmente dico di no. Il perdono quindi è soggettivo e non possiamo biasimare nessuno, se perdona o non perdona.

In questi ultimi due anni, possiamo decidere se perdonare o meno chi ha fatto certe scelte ma non possiamo di certo negare, che le scelte fatte hanno portato ad una trasformazione della società e della cultura. Hanno portato ad un peggioramento dei rapporti sociali e, ad un inasprimento delle relazioni. Decidere se perdonare o meno il vicino che mi ha denunciato, perché percorrevo la strada senza mascherina, è stato un mio personale gesto e una mia personale decisione. Io quel vicino non l’ho mai perdonato, ma non per questo ho meditato vendetta contro di lui. Semplicemente lo ignoro e lo ignorerò per il resto della mia vita.

Facciamo un esempio pratico: ammettiamo che qualche tempo fa, voi siate entrati in un ristorante e vi abbiano lasciato fuori perché privi del Green Pass. Oggi che non è più obbligatorio, tornereste in quel ristorante? No? Ecco una forma di “non perdono” che però non ha niente a che fare con la “vendetta”. Insomma il perdono cristiano, quello del “porgi l’altra guancia”, chiedo venia ed esprimo una mia opinione personale, oggi non è più praticabile. La trasformazione della società alla quale abbiamo assistito in questi ultimi anni, è colpa dei cittadini che l’hanno sostenuta, sorretta e guidata. Se il perdono presuppone una colpa, la colpa della parte di popolazione che ha permesso tutto questo, è gravissima e non va perdonata.

Se oggi Gesù fosse presente sulla terra, scatenerebbe come fece nel Tempio tutta la sua ira, verso coloro che hanno profanato, sostenuto e partecipato allo scempio di questo paese. Questo paese, che un gruppo di malfattori con la complicità di molti di noi, ha ridotto a “mercato di animali atti ai sacrifici più cruenti”, lo possiamo paragonare all’atrio o al cortile del Tempio, dove Gesù cacciò animali e uomini. “Rovesciò i tavoli dei banchieri e ripulì il Tempio e il cortile annesso, da quella che egli considerava una terribile profanazione. Perché Gesù ritenne che non era sacro solo il Tempio di Dio, ma anche tutto ciò che vi era attinenza o che ne era completamento. Non si può profanare in nessun modo, con traffico o avidità di guadagno o mancanza di giustizia e di carità, quello che appartiene a Dio”. (Don Dolindo Ruotolo. Tratto da “I quattro vangeli”)

Quindi per concludere, io personalmente non perdonerò mai tutti coloro che ci hanno messo in un angolo, offesi, privati del lavoro, umiliati nella divisione tra buoni e cattivi. Non potrò mai perdonare nessuno di coloro che per un qualunque motivo che si possa pensare “legittimo”, hanno fiancheggiato e anche con forza, questa “profanazione” della nostra terra e di conseguenza, del nostro popolo.

Oggi Gesù non c’è. Oggi non esiste una figura di riferimento che rovesci i tavoli dei banchieri e cacci i “pagani” dal Tempio cioè, dal nostro paese.

Oggi siamo chiamati tutti insieme, a rovesciare questa narrazione, a sventrare questa politica mistificatoria che ha snaturalizzato un intero popolo. Oggi siamo noi quelli che devono rovesciare i tavoli dei banchieri, scardinare le porte del potere e ridare al “popolo” la sua sovranità.

Non perdonare quindi, per come lo intendo io, vuol dire “non dimenticare”. Vuol dire avere ben chiaro nella mente gli errori fatti e chi li ha fatti. Vuol dire non ripercorrere la stessa strada, non cedere il passo a chi ti ha messo in un angolo, a chi ha mostrato disprezzo nei tuoi confronti a chi ti ha “costretto” in nome di una criminale logica di potere, a “reietto” di una nuova società che non ti contempla, non ti considera e ti vuole estromettere dalle sue logiche future.

In questi giorni a Davos, i potenti della terra, coloro che detengono più del 90% delle ricchezze del pianeta, coloro che con il loro miserevole 1% di esseri dominano il pianeta, stanno decidendo sul nostro futuro. Stanno profanando il Tempio e stanno svendendo il nostro “genere umano” ai sacrifici più atroci. Stanno scambiando la nostra casa, il nostro paese, il nostro pianeta, per una bottega di traffici. Traffici illeciti e criminali, atti a sottomettere e soggiogare l’intera umanità al loro potere, al loro volere. Lo scrivo da tempo e molti come me avvertono da tempo: "Finirà malissimo". Se non rovesciamo noi quei tavoli, finirà malissimo. Se non demoliamo questa narrazione, finirà malissimo. Se non capovolgiamo questa cultura della paura, finirà malissimo.

È tempo che le persone, ritornino ad esercitare la loro coscienza critica e si sveglino da questo incubo che porterà solo al fondo degli inferi. Perché loro “i mercanti del Tempio”, non si fermeranno. Non saranno presi a pietà, non concederanno la loro commiserazione a nessuno. Loro andranno sino in fondo.

Bruno Marro

http://brunomarro.it/

https://www.databaseitalia.it/writer/bruno_marro/

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